Famiglia Di Maio

CineFotoArt di Giordano Giovanni

Crescenzo Di Maio

Capostipite di questa famosa famiglia di teatranti napoletani, nato nel 1845, fu prima attore e poi un apprezzato commediografo, scrisse molti lavori per il Teatro San Ferdinando, soprattutto per la compagnia del grande Federico Stella. Crescenzo cercò nei suoi lavori di dare un'impronta diversa al repertorio napoletano dell'epoca, improntata sull'aristocrazia e il francesismo di Eduardo Scarpetta, un teatro che si avvicinasse più alle tradizioni e ai costumi della città di Napoli.

Nell'ambito del teatro napoletano abbiamo più volte incontrato intere generazioni che hanno sacrificato la loro vita per il teatro; illustri famiglie che si sono tramandate l'amore per questa meravigliosa arte. Queste nobili famiglie hanno onorato il teatro napoletano ed il loro apporto, sia nel campo della drammaturgia, che in quello della recitazione,é stato sempre determinante. Giova ricordare, a tal uopo, la numerosissima famiglia Cammarano, ricca di attori, scrittori, poeti, musici e pittori, la famiglia Petito, da  Salvatore ad  Antonio e fino a Davide, Vincenzo e Costantino e, ancora, la famiglia Di Napoli, quella di Scarpetta, di  Viviani  ed in ultimo quella dei De Filippo. Tra queste illustri famiglie s'inserisce con giustificata timidezza, ma a giusto diritto, sia per i suoi trascorsi artistici nel campo della recitazione che per l'importante contributo dato alla drammaturgia partenopea, un'altra famiglia che, nell'arco degli anni che vanno dal 1870 a tutt'oggi, ha inciso il proprio nome nella storia del teatro partenopeo: la famiglia dei Di Maio. Il capostipite di questa famiglia fu Crescenzo Di Maio, nato nel marzo del 1845 da Gaspare, commissario di Pubblica sicurezza di stanza a Palermo. Destinato dalla volontà paterna alla carriera militare, ben presto divenne ufficiale della marina militare, ma l'incontro con un'attrice lo strappò dalla nave sulla quale era imbarcato e lo trascinò nel turbinoso ed affascinante mondo del teatro. Abbandonata in tal modo la vita militare, si aprirono per lui altre porte ben più interessanti, che lo coinvolsero a tal punto che, nel 1879, divenne capocomico della Pezzana e di Eleonora Duse, sia per la bravura dimostrata, sia per le sue doti naturali. Nel 1882, insieme al collega Eduardo Boutet, Crescenzo operò un primo tentativo atto a dare alla città di Napoli un teatro diverso, che si discostasse dai francesismi scarpettiani e che più si avvicinasse ai costumi partenopei. Infatti Crescenzo riunì al teatro Rossini diversi attori e chiese la collaborazione agli autori di quella corrente culturale e teatrale. Ma l'aiuto chiesto a Cucciniello, Villani, D'Auria e Achille Torelli, non venne mai. Tutto rimase a livello di promesse. Quei pochi risultati ai quali si era pervenuti non incoraggiarono l'impresa, anzi fecero sì che questa abortisse anzitempo. Ragion per cui, vuoi per mancanza di un valido repertorio, vuoi per la latitanza di autori, questo tentativo rimase solo a livello di idee e buone intenzioni, ed il nostro Crescenzo si vide costretto a rimandare a tempi migliori il suo ambito progetto . Attore sobrio e dai caratteri umani, fu anche un valente ed apprezzato commediografo. Scrisse lavori come: Vicchiarella, Il calzolaio della Pignasecca, Napoli mia, L'ammaliatrice, La bella Giovanna, Milione della monaca, Padre Rocco, Senza scola e Tenebra e amore. Fu proprio con quest'ultima opera che Crescenzo Di Maio diede vita nel 1886 al teatro San Ferdinando ad un nuovo ciclo di rappresentazioni, che vedeva impegnata la compagnia Città di Napoli di  Federico Stella  e Michele Bozzo, con Emilia Ferruzzi, Silvia Cutrinelli,  Giuseppe Pironi e  Antonio Allegretti. Per più di 15 anni Crescenzo scrisse e recitò per la compagnia Stella al teatro san Ferdinando, sotto la sapiente guida di Luigi Bartolomeo. Dopo di che alternò la sua attività, oltre che al teatro di Pontenuovo, anche al Rossini, al Politeama ed all'Umberto. Fu proprio al teatro Umberto che il Di Maio nel 1902, per smentire l'affermazione del poeta  Salvatore Di Giacomo, il quale constatava la miseria del teatro napoletano ridotto solo a due repertori: quello di Stella e quello di Scarpetta, mise la parola fine a quella sterile polemica, tentando di superare a pié pari l'esistente dualismo tra il teatro truculento di Don Federico e quello pochadistico di don Eduardo. Riunì intorno a sé attori quali Concetta Arola, Enrico Altieri,  Gennaro Di Napoli, sua figlia  Marietta Del Giudice, Marietta Giraud,  Giuseppe Pironi  ed il giovanissimo Luigi Galloro. Il teatro Umberto aveva un pubblico formato per lo più da operai, impiegati ed artigiani, che oramai sorridevano per i fatti di sangue narrati dallo Stella ed erano insensibili ai francesismi napoletanizzati di Scarpetta. Il repertorio della compagnia del Di Maio consisteva in lavori di Murolo, Torelli,  Bovio  e da lavori suoi e del figlio Gaspare. Ma anche questo secondo tentativo, così come per il primo, pur avendo vita più lunga, non ebbe molta fortuna e nonostante gli sforzi di Crescenzo, del figlio Gaspare, di Bovio e degli altri, il tutto dovette essere rimandato a tempi migliori. Crescenzo fece ritorno alla compagnia del  San Ferdinando  trascinando seco anche Gaspare. E furono i figlioli di Crescenzo, Gaspare ed  Oscar a continuare il lavoro del padre oramai vecchio e stanco.

 * OPERE TEATRALI

    * Vicchiarella
    * Il calzolaio della Pignasecca
    * Napoli mia
    * L'ammaliatrice
    * La bella Giovanna
    * Milione della monaca
    * Padre Rocco
    * Senza scola
    * Tenebra e amore

Gaspare Di Maio

Primogenito di Crescenzo, nato nel 1872, fu anch'egli un eccellente autore teatrale e raffinato poeta, a differenza del padre non salì mai su un palcoscenico. E' stato il precursore della sceneggiata napoletana, molti suoi lavori furono messi in scena dalla compagnia "Cafiero-Fumo". Socialista convinto, morirà a Trento in esilio nel 1930.

 * OPERE TEATRALI

    * 'A figlia da madonna
    * Nun è Carmela mia
    * Sciantosa
    * Te lasso
    * 'O Rre
    * 'A zingara
    * S'song 'o pate
    * 'O meglio amico
    * Lacreme napulitane
    * Torna al paesello
    * Core nuosto
    * 'E ppentite
    * Era de'maggio
    * Don Peppe 'gatta
    * Oro
    * Notte napulitane
    * 'O viento
    * E 'o sole
    * Scunciglio
    * Buscie
    * Rossa malupina

Oscar Di Maio

Oscar Di Maio iniziò a recitare alla scuola del padre, Gaspare, al teatro  San Ferdinando, avendo come maestri anche lo Stella, il  Pironi  ed il Concialdi. Dopo aver preso parte a molti lavori, sia come attore che come autore, ebbe la sua consacrazione, sempre al teatro di Pontenuovo con il suo capolavoro: Napoli canta ! Italia mia, Italia bella. La formidabile rivista patriottico musicale in cinque atti e quattordici quadri, vedeva in cartellone nomi quali Federico e Vincenzo Stella, Clara e Armando Belmonte,  Eduardo Minichini, Gilda e Giulietta Pellizzi,  Crescenzo Di Maio, Margherita Parodi, lo stesso Oscar e poi ancora Farinati, Concialdi, Starace e Altieri e le musiche erano del maestro Carlo Fanti. Nel 1921 Oscar partecipò sia come fondatore che come autore attore alla compagnia di sceneggiate Cafiero e Fumo, ma egli fu soprattutto un profondo conoscitore di cose teatrali e la sua biblioteca, poi distrutta dai bombardamenti, era una vera miniera di testi antichi e moderni. Oscar Di Maio fu il precursore della sceneggiata, di quella che discendeva dal vecchio melodramma francese Drame melé de musique dei primi anni della restaurazione. Alla stregua degli Altavilla, dei Marulli, traeva ispirazione dalla vita quotidiana, tanto ricca di originali eventi e dalle canzoni in voga, ma molto spesso le musiche venivano scritte dopo la stesura del testo ed adattate alle trame. I suoi lavori deliziavano il pubblico di numerosi teatri, dal San Ferdinando al Nuovo, dall'Apollo al Trianon, al Bellini, all'Italia e persino al Politeama. Il Di Maio, inutile dire, amava molto il suo lavoro. Scriveva infatti due e pure tre sceneggiate al mese, spesso di notte e anch'egli come  Antonio Petito, Angelo Musco e Agostino Clement morì in teatro. Era la sera di un venerdì del 12 settembre '47 quando Oscar Di Maio, che stava seguendo da dietro le quinte del teatro Apollo la rappresentazione della sua ultima fatica Uno che torna, fu colto da sincope. Trasportato d'urgenza all'ospedale degli Incurabili, vi morì dopo appena tre ore. Lasciava così la moglie Margherita Parodi e i figli Eduardo, Gaetano, Maria ed Olimpia.

* OPERE TEATRALI

    * Napoli canta! Italia mia, Italia bella.
    * 'O passero
    * Uno che torna

E numerose altre per la compagnia Cafiero-Fumo

Gaetano Di Maio

Biografia:

 

Figlio d’arte, discendente di un’importante famiglia napoletana di attori e scrittori, Di Maio debuttò giovanissimo come scrittore nel 1948, dopo la scomparsa prematura del padre Oscar, autore e attore di celebri sceneggiate. Il suo primo testo fu “Core 'e zingara”. Per molti anni fu autore delle maggiori compagnie napoletane e si cimentò anche come autore di canzoni partecipando con successo ai Festival della canzone napoletana. Il salto di qualità avvenne nel 1963 scrivendo, per Nino Taranto, allora all'apice della sua carriera, la commedia “Avendo potendo pagando” che riscontrò in tutta Italia un grandissimo successo. Ancora per Nino Taranto, negli anni successivi, realizzò la fortunata serie “Michele Settespiriti”, cinque atti unici prodotti dalla RAI. In seguito, per quasi dieci anni di Maio tornò al suo vecchio lavoro e non volle lasciare la sua città. Nel 1972 debuttò al Teatro Sannazzaro di Napoli con “La Fortuna ha messo gli occhiali”, commedia che sarà ripresa, con varie modifiche, nella stagione '88-89 col titolo “14 'o pittore e 22 'a pazza”. Ma il grande successo lo ebbe con “Mpriestame a mugliereta” (Prestami tua moglie), liberamente tratta da Carlo Guarino in collaborazione con Nino Masiello per la grande regia di Giuseppe De Martino. La commedia fu replicata per duecento serate e presentata in seguito a Parigi da un noto mimo, Jacques Fabri. Fu accolta con qualche perplessità la più complessa “Nu paese mmieze 'e guaie” (Un paese nei guai). Ripresa e modificata nella stagione '89-90 col titolo “E' asciuto pazzo 'o parrucchiano” (E' impazzito il parroco), l’opera ebbe un grande successo di pubblico e di critica e fu tradotta in siciliano dalla “compagnia Angelo Majo”. In quegli stessi anni una compagnia di giovani, fra i quali il nipote Oscar di Maio, mise in scena “Le furberie di Scapino” di Moliére con il titolo “Le trovate di Minichiello”, adattata per l'occasione da di Maio, che rivelò profonda competenza nella riscrittura anche dei testi classici. I successi di Gaetano di Maio sono così tanti da rendere difficile una esauriente cognizione di notizie a suo carico. Non si possono dimenticare la commedia noir “Il morto sta bene in salute”, rappresentata per la prima volta da Ugo D'Alessio, Luisa Conte, Michele Abbruzzo, Carlo Taranto e ripresa nel 2001 da Enzo Cannavale e Rino Marcelli; la divertente e umanamente impegnata “Arezzo 29 in tre minuti”; la spettacolare “Lisistrata”, rielaborazione vivace ed efficacissima del classico testo di Aristofane che ebbe uno straordinario successo la Teatro Grande di Pompei. E, ancora, “Angelarosa Schiamone”, che presenta tratti di alta drammaturgia accanto alla solita vena comica, fino all'ultimo testo, “Ce penza mammà”, ampio rifacimento del testo del 1982, “Letizia Corallo con madre a carico”. Non si possono dimenticare, ancora, testi come “Un napoletano al di sopra di ogni sospetto”, scritta per Nino Taranto, “Gennaro Belvedere testimone cieco”, e “Le donne al Parlamento”, ispirata al noto testo aristofaneo. Ma Gaetano di Maio non fu solo un grande autore di teatro, ben saldo nella grande tradizione del teatro comico italiano e assieme innovatore nei tempi, nella tecnica e nell'ispirazione. Fu anche un grande poeta in lingua. Lasciò, alla sua morte, una raccolta di poesie inedite, pubblicate postume nel 1994 ad opera di Giuseppe Di Costanzo, col titolo “Verranno amici”.

Gaetano di Maio è nato a Napoli il 18 agosto 1927. Debuttò come scrittore nel 1948, a soli ventun’anni, dopo la scomparsa del padre Oscar, autore e attore di celebri sceneggiate. Il suo primo testo fu Core ‘e zingara. Per molti anni fu autore delle maggiori compagnie napoletane e si esercitò anche come autore di canzoni partecipando con successo ai Festival della canzone napoletana. Compì il salto di qualità nel 1963 scrivendo, per Nino Taranto, allora all’apice della sua carriera, la commedia Avendo potendo pagando (ora edita dalle edizioni Bellini) che riscontrò in tutt’Italia un grandissimo successo. Ancora per Nino Taranto, negli anni successivi, compose la serie Michele Settespiriti, cinque atti unici per la RAI. In seguito, per quasi dieci anni di Maio tornò al suo vecchio lavoro e non volle lasciare la sua città. Nel 1972 debuttò al Teatro Sannazaro di Napoli con La Fortuna ha messo gli occhiali, commedia che sarà ripresa, con varie modifiche, nella stagione ’88-89 col titolo 14 ‘o pittore e 22 ‘a pazza. Ma il grande, straripante successo lo ebbe con Mpriestame a mugliereta (Prestami tua moglie), liberamente tratta da Carlo Guarino in collaborazione con Nino Masiello per la grande regia di Giuseppe De Martino. La commedia fu replicata per duecento sere e presentata in seguito a Parigi da un noto mimo, Jacques Fabri. Fu accolta con qualche perplessità la più complessa ed importante Nu paese mmieze ‘e guaie (Un paese nei guai). Ripresa e modificata nella stagione ’89-90 col titolo E’ asciuto pazzo ‘o parrucchiano (E’ impazzito il parroco) ebbe un grande successo di pubblico e di critica e fu tradotta in siciliano dalla compagnia Angelo Majo. In quegli stessi anni una compagnia di giovani, fra i quali il nipote Oscar di Maio, mise in scena Le furberie di Scapino di Moliére con il titolo Le trovate di Minichiello, adattata per l’occasione dal di Maio.
Ma i successi di Gaetano di Maio sono tanti da rendere impossibile una completezza di informazione. Ma non si possono dimenticare il giallo comico noir Il morto sta bene in salute, rappresentato per la prima volta da Ugo D’Alessio, Luisa Conte, Michele Abbruzzo, Carlo Taranto e ripreso nel 2001 da Enzo Cannavale e Rino Marcelli; la divertente e umanamente impegnata Arezzo 29 in tre minuti (edita da Bellini), replicata recentemente al teatro Bracco da Oscar di Maio, Caterina De Santis e Mario Brancaccio; la spettacolare Lisistrata, rielaborazione vivace ed efficacissima del classico testo di Aristofane che ebbe uno straordinario successo a Teatro Grande di Pompei. E, ancora, Angelarosa Schiavone, che presenta tratti di alta drammaturgia accanto alla solita vena comica, fino all’ultimo testo, Ce penza mammà, ampio rifacimento del testo del 1982, Letizia Corallo con madre a carico. Importante testo, per complessità e ambientazione, che fu interpretato prima da Luisa Conte e poi, dopo la scomparsa dell’autore, da Rosalia Maggio per la Compagnia di Giacomo Rizzo. Non si possono dimenticare, ancora, testi come Un napoletano al di sopra di ogni sospetto, scritta per Nino Taranto e Gennaro Belvedere testimone cieco, e Le donne al Parlamento ispirata al noto testo aristofaneo.
Ma Gaetano di Maio non fu solo un grande autore di teatro, ben saldo nella grande tradizione del teatro comico italiano e assieme innovatore nei tempi, nella tecnica, nell’ispirazione. Fu anche un grande poeta in lingua. Lasciò, alla sua morte, una raccolta di poesie inedite, pubblicate ad opera di Giuseppe di Costanzo, per la casa editrice barese Palomar, col titolo Verranno amici.
Comincia, a dieci anni dalla morte, avvenuta nel 1991, ad arricchirsi la lunga bibliografia di recensioni giornalistiche con saggi che cercano di mettere a fuoco l’intero percorso della drammaturgia di di Maio come anche della sua opera di poeta forte, intenso e colto. Vogliamo segnalare i saggi di Ernesto Paolozzi, Enrico Fiore e Renato Filippelli comparsi sulla prestigiosa rivista “Nord e Sud” (n° XLIII del gennaio 1996); il volume di G.Battista Nazzaro, Dibattito col poeta (edito nel 1997 da Ilitia edizioni) nel quale di Maio viene inserito fra i poeti più rappresentativi della seconda metà del secolo; la lunga, complessa, recensione di Pasquale Martiniello uscita nel 1996 sulla rivista “Nuovo Meridionalismo” e, naturalmente, l’articolata e penetrante Prefazione al volume di versi del romanziere e studioso di filosofia, Giuseppe Di Costanzo.

 OPERE TEATRALI

    * Core 'e zingara
    * Avendo potendo pagando
    * Settespiriti (per la RAI)
    * Un napoletano al di sopra di ogni sospetto
    * La fortuna ha messo gli occhiali (adattata in seguito: "14 'o pittore e 22 'a pazza)
    * Mpriestame a mugliereta
    * Nu paese mmieze 'e guaie (adattata in seguito: "E' asciuto pazzo 'o parrucchiano")
    * Le trovate di Minichiello (tratta da "Le furberie di Scapino" di Moliere
    * Il morto sta bene in salute
    * Arezzo 29 in tre minuti
    * Lisistrata ovvero 'o sciopero de mugliere (tratta da Aristofane)
    * Le donne al parlamento (tratta da Aristofane)
    * Gennaro Belvedere testimone cieco
    * Don pascà fa acqua a pippa
    * Nu bambiniello e tre San Giuseppe
    * Madame quatte solde
    * Angelarosa Schiavone
    * Ce penza mammà

più una raccolta di poesie in lingua dal titolo "Verranno amici"